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motivazione Archivi • Blog di Sara Valla, la coach in viaggio https://www.blog.saravalla.eu La vita è un viaggio di continua scoperta Tue, 10 Dec 2019 14:24:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.9.9 https://www.blog.saravalla.eu/wp-content/uploads/2018/05/cropped-Sara_colore-32x32.jpg motivazione Archivi • Blog di Sara Valla, la coach in viaggio https://www.blog.saravalla.eu 32 32 Se sei come Max e i suoi pupazzi diventerai grande https://www.blog.saravalla.eu/se-sei-come-max-e-i-suoi-pupazzi-diventerai-grande/ Mon, 24 Jun 2019 20:26:51 +0000 https://www.blog.saravalla.eu/?p=2105 Quando ci sono passione e motivazione intrinseca per ciò che fai, nulla ti appare impossibile, stanchezza e fatica non le senti: la passione brucia di più.

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Un sabato sera in giro con gli amici per Torino, la Mole illuminata appare e scompare tra i tetti. Passeggiamo e alla nostra destra, da una vetrina buia, spuntano volti dagli occhi grandi.

Il cartello sulla porta dice, a pennellate, verdi: ENTRATE a curiosare

Peccato che però sia chiuso. In vetrina ci sono fotografie e pupazzi che sembrano riprodurre i soggetti delle foto, nell’oscurità dell’interno galleggiano facce immobili.

Dal buio spunta Max: un viso di bambino mi guarda dall’alto di un fisico possente. Sorride e chiede se voglio davvero entrare a curiosare.
Figurati, non aspettavo altro.

Mi dice che era con amici nel ristorante a fianco, ci ha visti. Gli dispiace tenere chiuso la sera, se passa qualcuno e si ferma lui apre.
Con entusiasmo ci accompagna dentro il suo laboratorio d’ingegno.

In vetrina campeggia, a dimensioni umane, una riproduzione di Captain America, il primo pupazzo che Max ha fatto, per sé stesso, con in tasca il sogno di creare per gli altri. “Poi non potevo tenerlo in casa, e ora è qui“, dice. 

Ci sono pezzi di stoffa e dipinti ovunque, in un angolo sono appesi, accatastati, un numero che non riesco a contare di pupazzi usciti dal Muppet Show. 

I pupazzi che Max realizza sono in genere doni che le persone decidono di fare ad amici, famigliari, compagni. Basta mandargli una foto, e Max ti realizza il pupazzo. Cerca il materiale adatto per i capelli, gli abiti, interpreta l’espressione, sceglie su quali caratteristiche e tratti puntare e crea un pupazzo dall’immagine.

Max racconta la storia di ogni pupazzo. Tu gli chiedi e lui ti racconta, di ognuno, le soluzioni trovate per rendere l’espressione, per riprodurre l’abbigliamento, i capelli, le specificità.

Li mostra prendendoli con le sue manone e li riposiziona con dolcezza paterna.

C’è il cane che sembra vero, l’ha fatto realizzare un burlone per fare uno scherzo a un’amico, dopo avere tenuto l’amico peloso per una settimana mentre andava in vacanza. 

Nel retrobottega ti volti e ti trovi di fronte un topo azzurro di dimensione umana, creato per una sceneggiatura teatrale.

Quel luogo, nel suo disordine variopinto, trasuda passione.

Sono tante le persone che commissionano un pupazzo a Max, per donarlo; ogni volta, dalla foto di una persona o animale crea qualcosa di nuovo che inizia a vivere di vita propria.

Non c’è alcun dubbio che ami farlo: sono le dieci e mezzo di sera e lui è qui a raccontarci di questa passione: il suo sorriso è più largo di quello di un Muppet.

I pupazzi di Max

Il “principio della motivazione intrinseca della creatività” suggerisce che l’ambiente sociale e la passione che deriva dal lavoro influiscono notevolmente sulle capacità di essere creativi.
Penso che tanti manager potrebbero scoprire cose meravigliose dei loro collaboratori, e vederne i risultati in termini di innovazione e produttività se, all’attenzione ossessiva al tempo dedicato al lavoro, sostituissero l’attenzione per la persona che hanno di fronte, se lasciassero emergere da ogni individuo le sue vere passioni

Come dice la bookblogger Cecilia Mattioli, nella recensione del documentario “Elmo: il viaggio di un burattinaio”,  Kevin Clashha sempre saputo che cosa avrebbe voluto fare da grande e ha perseguito il suo sogno con determinazione, impegno e sacrificio. Elmo è la dimostrazione chiara e inequivocabile che quando abbiamo un sogno che è davvero nostro, realizzarlo dipende solo da noi. Quando ci stanchiamo di qualcosa e decidiamo di lasciare perdere allora vuol dire che quello non era davvero il sogno della nostra vita”.

Vai fuori nel mondo con la tua passione e l’amore per ciò che fai e non rinunciare.

Dianne Reeves

Non sempre questo lavoro è semplice e in discesa, racconta Max, ma glipiace così tanto creare pupazzi e sceneggiature che qualsiasi cosa ti venga in mente e tu gli chieda, lui è certo di riuscire a realizzarla.
Vive la sua passione nella quotidianità.
Porta la sua passione in ogni istante della sua vita, anche in viaggio.
Quando va in ferie lo accompagna uno dei suoi pupazzi, lo Yeti.

Foto pubblicata da Max – ART STUFF – sul suo profilo Instgram

E tu?

La capacità di trovare le tue motivazioni e le tue passioni cambia completamente il modo che hai di vivere la tua vita. E nutre la tua creatività.
Trovare il modo di esprimere le nostre passioni può talvolta sembrare un sogno irrealizzabile. Eppure, dalla passione scaturisce l’energia necessaria per vivere la vita che vuoi. Scoprire le tue vere passioni, che talvolta non vuoi ammettere nemmeno a te stesso, è necessario per vivere bene.

Un giorno una mia cliente mi ha detto: “devo dirti la verità, quando ho iniziato questo percorso credevo che fosse una pazzia, un sogno irrealizzabile, ora so come fare a raggiungere quel risultato, lo vedo finalmente fattibile e lo sto facendo, passo dopo passo“.

Ti propongo un esercizio molto semplice che puoi fare subito.
Rispondi a questa domanda, che è la prima delle 7 del “Passion Test” di Janet Bray e Chris Attwood: sei entusiasta della vita che stai vivendo e senti tue e appassionanti le cose che fai ogni giorno?
Rispondi con: mai – raramente – a volte – quasi sempre – sempre

Dedica qualche istante all’esercizio, prima di continuare a leggere.


Se hai risposto mai o raramente c’è un pò di lavoro da fare, però sei arrivato sin qui a leggere e hai fatto l’esercizio ed è già un passo avanti importante: ti stai rendendo conto che seguire le tue passioni porta luce nella tua vita. E’ questione di trovare la strategia necessaria per farlo.
Nota da oggi quando fai scelte che non seguono le tue passioni, ma sii gentile con te stesso, accetta che vivere le tue passioni è un viaggio che puoi intraprendere un passo alla volta.

Se vuoi scoprire la tua vera passione e avere il coraggio di percorrerne la strada, voglio offrirti un incontro di coaching gratuito della durata di 30 minuti, previa disponibilità in base al numero delle richieste.
Puoi prenotarti subito qui.

Ogni tanto ripenso a Max e ai suoi pupazzi. Penso alla sua passione e alla forte motivazione per ciò che fa. Nulla gli sembra impossibile. Non sente né stanchezza né fatica: la passione brucia di più.

Sono certa che, se ancora non lo hai fatto, troverai presto la passione della tua vita o porterai la passione che già conosci in viaggio in tutti gli ambiti della tua vita.

Fai come Max, parti in viaggio con la tua passione.


Se vuoi andare a trovare Max a Torino lo trovi all’Art Stuff – laboratorio d’ingegno in via S. Giulia 21 c.

FONTI

  • Amabile, T. M. ( 1996 ). Creativity in Context. Boulder, CO : Westview Press . 
  • Amabile, T. M., & Fisher, C. M. (2015). Stimulate Creativity by Fueling Passion. In Handbook of Principles of Organizational Behavior (pagg. 481–497). https://doi.org/10.1002/9781119206422.ch26
  • Attwood, J. B., & Attwood, C. (2007). The Passion Test: The Effortless Path to Discovering Your Life Purpose (1o ed.). Recuperato da https://amzn.to/2MFeVjT
  • Mohana, M. (2018). The Motivated Mind: Where Our Passion & Creativity Comes From. Psych Central. Retrieved on June 24, 2019

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Ti chiedi più spesso cosa POTREI fare o cosa DOVREI fare? https://www.blog.saravalla.eu/prima-il-potere-poi-il-dovere/ Sun, 28 Oct 2018 21:55:58 +0000 http://www.blog.saravalla.eu/?p=1293 L'articolo Ti chiedi più spesso cosa POTREI fare o cosa DOVREI fare? sembra essere il primo su Blog di Sara Valla, la coach in viaggio.

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Non so tu, ma quando una persona mi affronta dicendomi cosa dovrei o cosa devo fare, la mia reazione è che mi passa la voglia di compiere quell’azione, anche se avevo già intenzione di farlo da sola.

Ho fumato per molto tempo. Quando qualcuno mi diceva che avrei dovuto smettere provavo piacere nell’accendermi un’altra sigaretta.
Nel momento in cui ho deciso che fumare non era un’azione intelligente né salutare e che, nonostante molti lo ritenessero difficile, avrei senz’altro potuto farcela, in un mese sono riuscita a togliere questa abitudine nociva dalla mia vita.

Sentirmi dire dovrei vestirmi in un certo modo, il cosiddetto dress code, mi fa venire voglia di fare il contrario. Vederlo invece in termini di possibilità mi fa presentare sempre con l’abbigliamento adeguato alla situazione, oltre che al mio modo di essere.

E quando qualcuno mi dice con arroganza quello che DEVO fare? Non ne parliamo.

Pensavo che tutto questo fosse legato al mio essere insofferente ad un eccesso di autoritarismo e al mio dare grande importanza alle parole, ho voluto studiarci sopra e ho scoperto che ci sono ricerche e prove scientifiche che confermano che pensare e dire “devo”, quando l’obiettivo è cercare soluzioni, sia controproducente.


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Pensare in termini di dovere ci toglie motivazioni, forza ed efficienza.

Meglio pensare in termini di possibilità.

Potere e dovere sono verbi modali. Potere esprime la possibilità. Dovere esprime la necessità.

Susan Heitler, una psicologa clinica di Denver, autrice del libro From Conflict to Resolution, ha fatto diversi studi nei quali ha usato una tecnica chiamata test kinesiologico, uno strumento per valutare lo stato di salute attraverso la valutazione dell’efficienza muscolare.
Il test consiste nell’utilizzare i muscoli come se fossero i “terminali” del nostro computer corporeo.
A seconda del livello di tenuta o di cedimento del tono muscolare di specifici muscoli in relazione a uno stimolo fisico, mentale, emotivo, ecc. il test indica quando il subconscio è in accordo o disaccordo con una determinata affermazione.
Quando il corpo riconosce qualcosa come “non valido”, si determina un calo di forza muscolare.

Susan, nel suo articolo “Should You Use This Word? It Decreases Your Effectiveness” racconta di come un giocatore di football in forma reagisse a parole diverse relative ad una situazione che lo coinvolgeva emotivamente.

Susan gli chiese di ripetere alcune frasi:

  1. Vorrei andare a trovare la mia nonna.
  2. Potrei andare a trovare la mia nonna.
  3. Dovrei andare a trovare la mia nonna.
  4. Devo andare a trovare la mia nonna.

La sua forza muscolare crollava quando ripeteva la terza e la quarta frase.

In un suo ulteriore esperimento con una paziente che continuava a procrastinare un’azione, realizzò che pensare in termini di dovere toglie forza e riempie di ansietà e stress. Pensare, invece, persino a qualcosa di non molto divertente e piacevole in termini di possibilità, consente di farlo in modo più veloce e con risultati migliori.

E’ come se nel nostro cervello scattasse un interruttore.
Eliminare il “dovrei” verso se stessi consente di restare più focalizzati ed equilibrati.

Succede lo stesso nelle altre persone. Quando ci poniamo con loro dando per scontato che dovrebbero fare qualcosa per noi, il rischio è che si creino malintesi e un senso di insofferenza.


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Quando si cercano soluzioni, conviene pensare in termini di possibilità e non di doveri.

In uno studio condotto ad Harvard da Francesca Gino e i suoi colleghi, a un gruppo di partecipanti sono state poste alcune sfide con risvolti etici, per le quali sembrava non ci fosse una buona scelta o soluzione.
Dopodiché, a un gruppo è stata posta la domanda
“Cosa dovresti fare?”
A un altro gruppo la domanda è stata:
“Cosa potresti fare?”

Il gruppo del potresti è stato in grado di generare più soluzioni creative.

Le persone intuitivamente pensano in termini di dovere quando affrontano dilemmi morali e questioni etiche. Tuttavia,

porre la questione in termini di “cosa potrei fare” aiuta a trovare soluzioni.

Affrontare i problemi con un mindset di tipo “dovrei” ti blocca sulle possibilità di scelta e restringe il pensiero, sollecitando spesso una sola risposta, quella che sembra più ovvia.
Quando invece pensi in termini di potrei, resti con la mente aperta a varie possibilità che ti ispirano ad essere creativo.

E tu? Affronti le sfide con un POTREI o un dovrei?

Ci sono diversi vantaggi nell’essere un po’ RIBELLI ed evitare di pensare ai “dovrei”. I “ribelli”, inoltre, hanno talenti che gli altri non hanno e giocare ad essere ribelli è utile e divertente e ci fa scoprire quanto siamo speciali.

Fonti:

When Solving Problems, Think About What You Could Do, Not What You Should Do
Francesca Gino in Harvard Business Review 27 aprile 2018

Does “Could” Lead to Good? On the Road to Moral Insight
Ting Zhang, Francesca Gino, Joshua D. Margolis
In Academy of Management Journal VOL. 61, NO. 3
22 giugno 2018

Should You Use This Word? It Decreases Your Effectiveness
Feeling stuck in a bad job, relationship, or situation? Beware of this word!
Susan Heitler Ph.D.
9 marzo 2015

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7 benefici della somma lavoro + gioco https://www.blog.saravalla.eu/7-benefici-della-somma-lavoro-gioco-secondo-la-scienza/ Wed, 28 Feb 2018 20:48:52 +0000 http://www.blog.saravalla.eu/?p=418 La giocosità al lavoro porta con se’ numerosi benefici. GIOCO significa rilassarsi, divertirsi, essere gioiosi e giocosi e sentirsi energizzati. Giocare può essere impegnarsi in giochi diversi, ma anche nell’arte, nella lettura di un libro, in uno sport, guardare un film, ascoltare musica, sognare a occhi aperti. Ci sono aziende nella quali il gioco è… 

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La giocosità al lavoro porta con se’ numerosi benefici.

GIOCO significa rilassarsi, divertirsi, essere gioiosi e giocosi e sentirsi energizzati.

Giocare può essere impegnarsi in giochi diversi, ma anche nell’arte, nella lettura di un libro, in uno sport, guardare un film, ascoltare musica, sognare a occhi aperti.

Ci sono aziende nella quali il gioco è diventato parte della vita dell’azienda.

La ricercatrice Marian Diamond descrive come lavorare in un ambiente giocoso modifichi la corteccia cerebrale – l’area del cervello dove hanno luogo i più importanti processi cognitivi.

“Ci sono benefici MISURABILI nel migliorare un ambiente e renderlo piacevole, giocoso.”

Le ricerche scientifiche e le esperienze delle aziende che hanno introdotto il tempo libero per il gioco in azienda hanno evidenziato i benefici e le ricadute positive di questa pratica.

7 benefici del gioco in azienda

1) Si attirano persone in gamba e si diminuisce il tasso di turnover

Le persone in gamba lavorano volentieri in ambienti stimolanti; un’atmosfera giocosa e sapere che questa è la mentalità in azienda attira i giovani che faranno la differenza in azienda. E’ più facile tenere in azienda le persone in gamba, che restano volentieri in un ambiente piacevole.

2) Aumenta la produttività

Ci sono evidenze scientifiche che se consenti ai dipendenti di impegnarsi in qualcosa che piace loro e che sia giocoso, ci siano migliori risultati in termini di produttività (e quindi benefici economici per l’azienda). Quando tornano a lavorare le persone sono più impegnate, focalizzate e concentrate.

3) Aumenta la motivazione

Consentire il gioco sul posto di lavoro è un approccio WIN-WIN. In un ambiente nel quale hai la libertà di prenderti un attimo per te stesso senza sentirti in colpa avverti la fiducia nei tuoi confronti. Senti che il tuo capo, il tuo datore di lavoro si fidano di te, di come gestisci il tuo lavoro e il tuo tempo, ti senti valorizzato. Questo fa aumentare la soddisfazione e la motivazione.

4) Aumenta la creatività

“Non è con l’attenzione costante che vengono le idee”, afferma Simon Sinek in un’intervista. Vedi qualcosa e “Potrei fare così”. Questa è innovazione.

“Le idee arrivano quando la nostra mente divaga.” (Simon Sinek)

Gli esperti e le esperienze confermano che giocare al lavoro può incrementare la creatività in persone di ogni età.

Alcune delle idee migliori ti arrivano quando ti rilassi sotto una palma (Richard Branson)

In IDEO le idee migliori arrivano dalle interazioni che si creano durante il gioco collaborativo, costruttivo, di esplorazione, dallo storytelling e anche dal movimento fisico.

5) Aumenta la predisposizione alle relazioni sociali e alla collaborazione.

Non importa quale sia l’attività svolta, quando si crea un’atmosfera giocosa nelle aziende la comunicazione migliora. E’ possibile conoscersi meglio e costruire reti professionali e personali di qualità elevata.

E’ possibile entrare in contatto con realtà di altre aree e divisioni che non si conoscono, è possibile andare oltre le gerarchie e favorire le successive comunicazioni professionali.

6) Diminuisce il livello di stress.

Molte professioni sono impegnative. Il cambiamento continuo delle condizioni che è tipico del nostro tempo crea competizione, insicurezza e quindi stress. I tempi sono ristretti, le scadenze vanno rispettate, spesso il dipendente è sottoposto a notevoli pressioni. Quando i dipendenti si prendono del tempo per prendere parte ad attività piacevoli e quindi “giocare” sul lavoro il livello di stress diminuisce. Questo porta poi ad ammalarsi di meno, ad avere un atteggiamento positivo e più energia nell’ambiente di lavoro. Ammalarsi di meno fa diminuire le spese per la salute, sia in famiglia che a livello sociale.

7) Diminuisce il tasso di assenteismo e il turnover.

Non si tratta solo di aumentare la positività e diminuire lo stress. Avere connessioni sociali più forti al lavoro, grazie al gioco, può rafforzare il sistema immunitario e diminuire i livelli di infiammazione. Diminuiscono i rischi di malattie cardiache, diabete e di certe tipologie di cancro.

Non solo mi ammalo di meno e faccio meno assenza, ma non ho bisogno di restare a casa per riprendermi e de-stressarmi se riesco a farlo anche al lavoro. Questo non significa che resterò al lavoro di più, ma che non farò assenze inutili, dovute al fatto che non riesco a rienergizzarmi mentre sono al lavoro.

Cosa succederebbe se nelle organizzazioni si partisse dall’idea che il lavoro trae molti benefici dal gioco (e da un atteggiamento giocoso)?

Se ci sono così tanti benefici, perchè non succede in tutti gli ambienti di lavoro?

Perchè ci sono ancora, come evidenzia Stuart Brown, ricercatore sul gioco e autore del libro “Play: How It Shapes the Brain, Opens the Imagination, and Invigorates the Soul  (N.d.A. Giocare: come modella il cervello, apre l’immaginazione e rinvigorisce l’anima) che ha analizzato molte situazioni, tante convinzioni che limitano l’inserimento del gioco negli ambienti professionali.

Esistono tuttavia anche esempi interessanti sui quali costruire, esperienze di aziende che hanno introdotto il tempo libero per il gioco in azienda:  Il gioco al lavoro è un ingrediente del successo: 5 esempi più uno”.

 

 

Hai scoperto, nella tua esperienza, ulteriori benefici del gioco al lavoro e hai voglia di raccontarmelo?  Contattami, sarò felice di ascoltarti! Vuoi qualche suggerimento e idea per portare più gioco nella tua vita e nella tua azienda. Contattami, possiamo lavorarci insieme.

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Regole rigide o Playfulness al lavoro? https://www.blog.saravalla.eu/regole-rigide-o-playfulness-al-lavoro/ Wed, 27 Sep 2017 17:07:50 +0000 http://www.blog.saravalla.eu/?p=123 Un paio di anni fa ho avuto bisogno di trovare una persona con la quale collaborare ad un progetto importante: di standard non aveva nulla, era sfidante e innovativo. C’era bisogno di un collaboratore con idee “out of the box”. Tra i candidati una persona era per me quella giusta… ma non era disponibile a trasferirsi a Parma ne’ ad avere… 

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Un paio di anni fa ho avuto bisogno di trovare una persona con la quale collaborare ad un progetto importante: di standard non aveva nulla, era sfidante e innovativo. C’era bisogno di un collaboratore con idee “out of the box”.

Tra i candidati una persona era per me quella giusta… ma non era disponibile a trasferirsi a Parma ne’ ad avere orari predefiniti per svolgere le attività.

“Non ritenevo troppo complicato lavorare in quel modo?” mi venne chiesto.

Sono io la prima a lavorare meglio quando sono libera, quando mi è consentito di spaziare e avere flessibilità.
Non sono forse io che ho le idee migliori quando rido sotto la doccia?
E’ così importante la disponibilità di un “numero fisso di ore”?
Spesso Marco Montemagno ricorda la frase di Jim Rohn: “non ti pagano per il tempo ma per il valore che produci in quel tempo” e commenta “scappa dalla trappola di farti pagare all’ora”.
E’ più sensato parlare di risultati anziché di compensi orari e numero di ore.

Mi vennero in mente tutte le volte che volteggiando sott’acqua o camminando in mezzo alla natura mi erano venute le idee migliori che avessi portato nella mia attività.

E’ così iniziò una delle collaborazioni più fruttuose che io ricordi. Complicato? lo è stato, a volte, a livello organizzativo e logistico; ma i risultati sono stati di grande valore.

Nel tempo ho elaborato una lista di quello che conta nelle persone con le quali collabori:

PASSIONE

MOTIVAZIONE

COINVOLGIMENTO 

FIDUCIA reciproca.

Conta, talvolta, anche la volontà comune di rompere qualche regola, in termini di rendere più confusa la distinzione tra gioco e lavoro.

 

Patagonia, azienda che produce abbigliamento e attrezzatura per attività all’aria aperta. La sede è in California e il suo fondatore è uno di quelli che fanno le cose a modo loro ed è orgoglioso di rompere alcune regole, tra le quali la distinzione tra lavoro e gioco. La loro politica, come è descritto nel libro di Kierulf, Happy hour is 9 to 5  è

Let My People Go Surfing”.

Quando arriva l’onda giusta o quando le persone sentono che è necessario… possono tuffarsi in mare e surfare.
E’ possibile? Si, se hai il controllo del tuo tempo, se sei in grado di pianificare, se hai imparato a essere un master in “self-regulation”.

E, ovviamente, se il tuo tipo di lavoro ti consente una certa flessibilità.

Regole rigide o spazio per la flessibilità e la giocosità al lavoro?

Come puoi applicare questo alla tua esperienza di lavoro?
E di studio? 

Se vuoi saperne di più su come sia possibile

  • portare avanti progetti in modo efficiente ed efficace pensando contemporaneamente al benessere delle persone,
  • lavorare sull’autoregolazione e sul time-management per poter introdurre un approccio flessibile,

contattami.

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