Come racconta un’antica favola persiana
C’era una volta, sulla piazza di una città, un sapiente che rispondeva alle più disparate domande. Un giorno, ai curiosi che stavano ad ascoltare, si mescolò un pastore sceso dai monti con l’intenzione di svergognare in pubblico il “contastorie”.
(D’Aubrigy, P. 2012, p. 24)
Il pastore, preso in pugno un uccellino, lo nascose e, presentandosi al saggio, disse:
In questo pugno tengo un uccellino: sai dirmi se è vivo o morto?
Se il saggio avesse risposto “È vivo”, egli avrebbe leggermente stretto il pugno e il povero uccellino sarebbe morto. Se invece avesse detto “E’ morto” avrebbe aperto il pugno e l’uccellino avrebbe preso il volo.
Ma il sapiente, dopo un attimo di riflessione, tra l’ansiosa attesa di tutti, rispose:
L’uccellino che tieni in mano è come tu lo vuoi: se lo vuoi vivo è
vivo, se lo vuoi morto è morto.
Così è della nostra felicità (…), l’essenziale dipende da noi.
La felicità è un concetto così ampio e vago da far fatica a coglierne un significato univoco.
Ognuno di noi ha probabilmente una sua definizione di felicità e qualcuno penso cambi la sua opinione rispetto alla felicità diverse volte nel corso della vita.
La definizione che dà Christian Boiron della felicità è un’allusione al libro di Richard Bach: “La felicità è lo stato radioso di chi riesce a esprimere il proprio essere profondo, a vivere il proprio destino personale, a dare un senso alla propria vita, a divenire l’eroe di se stesso (…)”.
Secondo Georges Bernanos la vera felicità buddhista, sukha, è una felicità così profonda che “niente potrebbe turbarla, come le vaste distese d’acqua che restano immobili al di sotto delle tempeste”.
Se così tante persone cercano su Google “come essere felici”, forse significa che continuiamo a cercare un come.
E se invece di un come, fosse importante il CHI?
Se contrapponessimo alla logica dell’avere per essere felici, alla logica del continuare a cercare la felicità, la logica dell’ESSERE felicità?
Siamo unici e irripetibili: l’esperienza della felicità non dipende da cosa si ha né da cosa si fa, ma dalla piena consapevolezza di noi stessi. Non ha a che fare con l’apparire, né con il fare, né con l’avere: la felicità deriva dall’essere.
Daniel lumera

HAPPYFULNESS è una parola che… non esiste. O meglio, non esisteva.
E’ una visione, un’idea, una “filosofia” che parte dal presupposto che la felicità è dentro di noi e che sia possibile esprimerla attraverso il nostro essere, l’atteggiamento mentale (mindset), la trasformazione dei nostri pensieri, la giocosità (playfulness).
Se vuoi saperne di più e portare questa filosofia nella tua organizzazione, per favorire il team building, o portarla nella tua vita, contattami.
Scegliere di essere felici significa vivere e sperimentare in pienezza noi stessi nell’attimo presente (…)
Richard Romagnoli, Workshock
Fonti
- R. Anchisi-M.G.Dessy. (1995). Non solo comunicare. Libreria Cortina.
- Bach, R. (1977). Il gabbiano Jonathan Livingston (1 edizione; P. F. Paolini, Trad.). Recuperato da https://amzn.to/2JK3WEm
- Boiron, C. (2011). Siamo tutti fatti per essere felici. Recuperato da https://amzn.to/2JLdwqK
- D’Aubrigy, P. (2012). Il libro degli esempi. Fiabe, parabole, episodi per migliorare la propria vita.
- Ricard, M. (2010). Il gusto di essere felici. Recuperato da https://amzn.to/2VY1Y4M
- Daniel Lumera. (s.d.). Recuperato 27 maggio 2019, da Daniel Lumera website: http://www.danielumera.com/en/daniel-lumera/
- Romagnoli, R. (2016). Workshock. La felicità è una scelta. Recuperato da https://amzn.to/2HH7JAe